In Gran Consiglio per i nostri rustici


Nella sessione di novembre del Gran Consiglio vengono decisi i ricorsi contro la scheda di coordinamento di Piano Direttore 8.5, “Paesaggi con edifici e impianti degni di protezione”

Dopo due anni di intenso lavoro la Commissione speciale per la pianificazione del territorio ha consegnato un rapporto circostanziato che risponde ai ricorsi precisando quelli che sono sempre stati gli obiettivi del nostro Cantone in questa controversa materia.

Il tema dei rustici o meglio, degli edifici e impianti fuori zona edificabile, è oggetto di intenso e controverso dibattito fin dagli inizi degli anni settanta (decreto federale urgente del 1972). Che su questo argomento non si sia riusciti a trovare una soluzione condivisa da tutti, lo dimostra ancora il referendum inoltrato da varie associazioni legate alla protezione dell‘ambiente contro la modifica della legge federale sulla pianificazione del territorio decisa dalle Camere il marzo scorso che verrà sottoposto al popolo il 7 febbraio 1999. Questa problematica interessa tutti i Cantoni svizzeri, ma i più toccati sono il Ticino, il Grigioni e il Vallese che, a causa dello sviluppo storico collegato alla situazione specifica di territorio montano, hanno migliaia di edifici dispersi sul territorio la cui incidenza sul paesaggio è stata e rimane una componente essenziale che non può essere semplicemente ignorata o abbandonata a se stessa a causa di un‘interpretazione rigida del principio sancito dalla pianificazione federale di una netta separazione tra aree edificabili e non edificabili.

Purtroppo l‘approccio molto tecnocratico che ha caratterizzato la pianificazione ai suoi inizi negli anni settanta, al quale si contrapponeva un eccessivo permissivismo legato spesso a operazioni di sfrenata speculazione immobiliare, non ha favorito la ricerca di una linea di azione ragionevole che tenesse in debito conto le differenze regionali a livello nazionale e ponesse le basi per un orientamento positivo in cui il rustico assumesse un proprio ruolo di gestione attiva del territorio. Questa contrapposizione tra due fronti ha prodotto un’impressionante volume di atti giudiziari che, a parer mio, hanno piuttosto contribuito ad allontanare il discorso dalla realtà territoriale e non sono riusciti a produrre (anche perché non è il compito dei tribunali) degli strumenti praticabili per chi è chiamato a operare al fronte come i Comuni.

È in questo contesto di annose tensioni che la Commissione speciale per la pianificazione del territorio del Gran Consiglio ha dovuto affrontare i ricorsi inoltrati da 11 enti pubblici contro la scheda di coordinamento del Piano Direttore 8.5 denominata “Paesaggi con edifici e impianti degni di protezione”. Il dilemma al quale si è trovata confrontata sin dall’inizio era quello di avere da un lato una scheda di Piano direttore elaborata dal Consiglio di Stato dopo una non facile negoziazione con l’Amministrazione federale che, pur non avendo ancora ottenuto l’approvazione del Consiglio federale, sembrava contenesse sufficienti elementi per ottenerla, mentre dall’altro lato le obiezioni dei ricorrenti sollevavano alcuni punti che la scheda stessa non codificava con sufficiente chiarezza lasciando adito a un eccessivo spazio di interpretazione che avrebbe potuto portare di nuovo a una giurisprudenza lontana dalle esigenze reali di chi vive e opera sul territorio.

Visto il contesto attuale la Commissione non ha voluto semplicemente limitarsi a trattare i ricorsi nei suoi aspetti formali ma si è chinata sul merito cogliendo l’occasione per codificare in modo più esplicito quelli che sono sempre stati gli obiettivi e le esigenze del Cantone Ticino in questa materia. Ciò ha significato tutta una serie di colloqui con le varie istanze dell’Amministrazione cantonale e il Capo del Dipartimento del territorio per coordinare nel miglior modo possibile i vari aspetti come pure diversi incontri con l’Amministrazione federale, non sempre facili, ma che alla fine hanno sicuramente contribuito a una maggiore comprensione reciproca che potrà essere utile anche in futuro.

Riassumere in poche righe questa tematica non è cosa semplice. Concretamente il rapporto commissionale propone un testo più preciso della scheda di coordinamento di Piano direttore, specificando gli obiettivi, i criteri, i compiti e le competenze ai vari livelli istituzionali e procedurali (Cantone, Comune e Piano direttore, Piano regolatore, Domanda di costruzione). Questa maggiore precisazione del contenuto della scheda vuole soddisfare sia le richieste dei ricorrenti che quelle delle istanze federali.

È evidente che le conclusioni alle quali è arrivata la Commissione non potevano divergere da quelli che sono i principi base dell’art. 24 della Legge federale sulla pianificazione del territorio per cui non si sono sicuramente condivise eventuali aspettative di coloro che sostengono il massimo permissivismo nella trasformazione dei rustici. Va tuttavia precisato che si è cercato di lasciare la massima flessibilità nella definizione di base dei paesaggi con edifici e impianti degni di protezione esigendo un maggiore impegno in quella che è la ponderazione degli interessi a livello dei Piani Regolatori comunali.

A questo livello la trasformazione e la conservazione dei rustici, oltre che a soddisfare dei criteri estetici e storico culturali come edifici per se stessi, deve anche essere vincolata alla cura delle aree circostanti. In poche parole chi riceve l’autorizzazione a trasformare un rustico deve anche impegnarsi a curare i terreni che lo circondano come contributo al paesaggio, ma anche per la sicurezza del rustico stesso.

Una delle richieste dei ricorrenti non accettate dalla Commissione concerne l’inclusione del perimetro dei rustici da proteggere nelle aree di forte pericolo e l’autorizzazione all‘uso temporaneo di un edifico posto in zona chiaramente pericolosa. La ragione di questa scelta si riallaccia alla responsabilità che il Comune e il Cantone si assume qualora dovesse autorizzare l’uso abitativo in aree di evidente pericolo. Una perizia giuridica, richiesta espressamente su questa tematica, dimostra che in caso di evento catastrofico chi ha dato l’autorizzazione può essere chiamato a rispondere anche in modo pesante. Pure non fattibile è l’applicazione generalizzata dell’autorizzazione al cambiamento di destinazione vincolandolo all’uso temporaneo dell’edificio. Oltre alle responsabilità già citate, ciò implica un controllo da parte del Comune che diventa praticamente impossibile nei momenti di pericolo. Un’autorizzazione temporanea di questo genere è invece possibile per casi singoli come eccezione qualora vi sia un interesse pubblico tale da giustificarla.

Oltre ai punti accennati sopra, il rapporto commissionale approfondisce diversi altri aspetti collegati alla tematica degli edifici e impianti fuori zona edificabile che sono stati sollevati dai ricorrenti e dalle varie istanze consultate, nell’auspicio che possano servire al Consiglio di Stato e all’Amministrazione sia per la stesura delle direttive specifiche all’indirizzo dei Comuni e degli operatori dei Piani regolatori, sia per le trattative con la Confederazione in vista dell’ottenimento dell’approvazione della scheda di coordinamento di Piano Direttore 8.5. L’approvazione da parte del parlamento cantonale delle proposte commissionali rappresenta inoltre un segnale politico forte sull’orientamento che il Cantone Ticino vuole dare alla tematica dei rustici che, pur restando nei limiti concessi della legge sulla Pianificazione del territorio, pretende una giusta e ragionevole considerazione delle specificità e diversità territoriali, storiche e culturali che sono anche la ricchezza del nostro paesaggio e del nostro ordinamento federalista.

 

Novembre 1998                                                                                                 Daniele Ryser, relatore