Religioni e globalizzazione


Tutte le religioni predicano l’universalità dei propri principi per cui si può anche affermare che sono state le prime nella storia a parlare di globalizzazione.

Analizzando da vicino le singole religioni o filosofie si deve ammettere che nei loro punti fondamentali non vi sono differenze sostanziali. Le differenze scaturiscono al momento della loro applicazione, nel passaggio dal profeta o personalità, che sta all’origine della singola religione, ai propri discepoli o aderenti. In modo più o meno pronunciato la storia indica che i messaggi divulgati inizialmente da queste forti personalità o profeti (Gesù, Allah, Budda,…), sono stati istituzionalizzati con la costituzione di chiese o organizzazioni i cui responsabili o capi vengono considerati o si considerano detentori della verità rivelata.

Questa dinamica pone le basi propizie per lo sviluppo della tentazione al potere da parte di coloro che appartengono alla gerarchia più alta di queste chiese, favorendo un rapporto di subordinazione tra autorità religiosa e credente che porta inevitabilmente a situazioni di strumentalizzazione e sfruttamento.

Questo meccanismo è stato e rimane all’origine di molti conflitti mondiali che vengono accentuati dalla sovrapposizione di interessi economici e politici ciò che rende il tutto ancora più confuso e indecifrabile. Diventa così difficile capire se l’origine di un conflitto è dovuto a divergenze di religione oppure a meri interessi economici o di semplice brama di potere.

L’attuale conflitto tra il mondo occidentale e il mondo islamico è un chiaro esempio di questa confusione che porta a strumentalizzazioni reciproche dove gli interessi per il petrolio si confondono con quelli di una lotta contro l’integralismo religioso associato al terrorismo. Così non si capisce più se Bin Laden sia semplicemente un pazzo fanatico religioso che vuole il dominio dell’islamismo su tutto il mondo, oppure se sia uno scaltro opportunista che si contrappone ai baroni americani del petrolio usando cinicamente come armi viventi la disperazione e l’ignoranza di milioni di uomini che vivono al di sotto della soglia esistenziale minima. Pure non si capisce se il Presidente Bush sia un idealista convinto di rappresentare la pura democrazia e libertà individuale di stampo cristiano oppure un politico al servizio di un più o meno nascosto potere economico.

Probabilmente questa confusione non si trova solo a livello macroscopico della nostra società ma anche a livello della singola persona che si sente nel contempo idealista e opportunista, altruista ed egoista.

Cosa possiamo fare per uscire da questa contraddizione? Le religioni hanno ancora un ruolo oppure sono da rigettare tutte cercando altre alternative? Sicuramente non esiste una ricetta ben precisa, vi sono tuttavia delle piste da esplorare.

Tra queste strade possibili, una è quella di ritornare a riflettere sui messaggi iniziali di tutte le religioni cercando di capirli nella loro semplicità e chiarezza. Una componente comune a tutte le grandi personalità che stanno all’origine delle grandi religioni è il principio dell’uguaglianza nella diversità.

Ogni uomo, ogni essere, ogni cosa è parte integrante dell’universo. Essendo parte integrante del tutto, ha una funzione e una ragione di essere e di esistere: “se non c’e questa altra parte non ci sono nemmeno io”, “se nego questa altra parte nego me stesso”. Queste due constatazioni sono sufficienti a indicare che affermare “io sono superiore a qualcuno o qualcos’altro” significa interrompere il flusso del dare-ricevere che c’è tra io e l’altra persona o cosa. Significa pretendere che io posso insegnare all’altro ma non posso (non voglio) imparare dall’altro. Un rapporto di questo genere, se trasposto all’universo macroscopico (sistema solare con i suoi pianeti) o microscopico (atomo con nucleo e elettroni) oppure agli stessi organi del nostro corpo porterebbe immediatamente al collasso totale.

Quindi, per contribuire a risolvere l’attuale situazione dell’umanità, è necessaria una profonda riforma delle religioni basata sull’abolizione del sistema gerarchico e del principio dell’autorità religiosa ossia della rinuncia alla pretesa di detenzione esclusiva della verità rivelata. In pratica significa sciogliere l’istituzione per diventare solo un’organizzazione che permetta uno scambio aperto e paritetico tra gli uomini nella piena reciprocità così da capire che ognuno ha bisogno dell’altro e che nessuno può togliere all’altro lo spazio di cui necessita nel grande disegno dell’universo. Come si può intuire tutto ciò sfocia nella fusione delle religioni e delle filosofie verso un unico ideale globale. Senza questa fusione ogni globalizzazione sia di tipo economico, sia di tipo ambientale non salverà il nostro meraviglioso pianeta.

Daniele Ryser, Novaggio