Veto alla Legge sull’agricoltura rientrato, ma cosa succede nel promovimento economico?


Capire la ragione che ha spinto in un primo tempo la Direttrice del Dipartimento finanze e economia a mettere il veto alla Legge sull’agricoltura a causa di una spesa annuale di fr 400'000 non risulta molto facile se si considera che proprio nella medesima sessione granconsigliare ha difeso una spesa di 8 milioni a favore di una poco chiara attività di marketing da parte di un ETT che non trova più la necessaria fiducia della maggioranza del Paese.

Questo atteggiamento può fare pensare che la concezione di sviluppo economico che sta alla base della politica del DFE non considera come essenziale il ruolo del settore primario in quello che va considerato un servizio pubblico a favore della comunità, ossia il garantire quel presidio minimo delle aree periferiche necessario a mantenere la stabilità idrogeologica e il paesaggio.

Pretendere che sia possibile ottenere un’agricoltura forte e competitiva in un contesto di mercato mondiale in cui prevale la speculazione e lo sfruttamento di tutti i ceti agricoli, e non solo quelli del terzo mondo, è pura utopia a meno che si voglia ridurre la produzione a pochissime unità aziendali molto estensive e incoraggiare più o meno direttamente forme di produzione di stampo criminale come la canapa e affini con il risultato della sparizione del Ticino rurale come elemento culturale e di cura del territorio.

Inoltre la, da alcuni sostenuta, introduzione degli organismi geneticamente modificati, che equivale a una appropriazione indebita di pochi su un patrimonio naturale che dovrebbe essere di tutti, darà il colpo finale a regioni come la nostra a causa della banalizzazione dei prodotti facendoci perdere l’unico punto competitivo che ci caratterizza: quello della specificità.

Nonostante la precipitosa marcia indietro da parte del capo del DFE sulla legge sull’agricoltura non si può essere tranquilli sulla politica di progressivo smantellamento del ruolo dello Stato che trova la sua base nelle fumose teorie del libro bianco redatto a suo tempo. Se per il settore agricolo si può per ora andare tranquilli, più inquietante appare quanto sta succedendo in questi ultimi mesi presso altri importanti servizi cantonali del promovimento economico in cui si può parlare di un vero e proprio smantellamento: da oltre un anno non viene sostituito il capoufficio del promovimento del turismo e dell’artigianato (a preventivo 2003 questa posta è di zero franchi), il valido capo dell’ufficio delle regioni di montagna ha chiesto recentemente il trasferimento, pure indebolito è il ruolo del promovimento industriale.

Questo defilarsi dello Stato quale attore attivo con gli attori economici, oltre che a innescare una perversa dinamica che inizia con la demotivazione dei funzionari, per cui nasce il luogo comune che lo Stato lavora male, per cui va smantellato il servizio pubblico, ha anche prodotto deleghe di compiti a enti e persone che si sono verificati meno efficienti e molto più costosi.

Infine va comunque ricordato che il destino dello sviluppo economico del Canton Ticino  non è solo in mano al DFE ma è compito di tutto il Governo il quale deve finalmente esprimersi chiaramente se condivide o meno questo strisciante  smantellamento progressivo dello Stato a favore di non ben identificati venditori di fumo. 

Daniele Ryser, Novaggio