Galleria autostradale del San Gottardo, 26 ottobre 2001
Uno spettacolo allucinante


Venerdì 26 ottobre 2001 ore 16.45, al centro di manutenzione della Galleria autostradale del San Gottardo ad Airolo brulica di giornalisti e di cameramen di tutti i Media d’Europa e del mondo. Gli attori principali: pompieri, soccorritori, polizia e impiegati delle strade nazionali, coadiuvati dalle guardie delle fortificazioni e dalla protezione civile, hanno le facce stanche e tese dalla tensione dei 2 giorni passati. I responsabili dei vari enti impiegati sono letteralmente assaltati dalle chiamate sui loro telefonini e dai giornalisti avidamente in cerca di notizie possibilmente più nere e scioccanti della fuliggine che copre le facce di coloro che stanno lavorando in galleria.

Il tempo luminoso e splendido che fa risaltare i colori autunnali sotto il cielo blu fa da contrasto alle espressioni sbigottite di chi ha vissuto da vicino la tragedia.

Dopo aver salutato i responsabili che si accingevano ad affrontare una conferenza stampa davanti a oltre un centinaio di rappresentanti dei Media con puntati addosso decine e decine di obiettivi televisivi e fotografici, mi sono recato dai pompieri, in particolare con coloro che sono giunti per primi sul posto dell’incidente vivendo scene che loro stessi non riescono ancora a raccontare nei minimi dettagli.

Il collega Luciano Bolis, che ha vissuto minuto per minuto fin dall’inizio la tragedia, con una calma e una forza di carattere che non è di tutti, ci ha per l’ennesima volta in questo lungo giorno, condotti sul luogo dell’incendio.

Dalla parte ticinese abbiamo raggiunto rapidamente il luogo dello scontro dei due autocarri. La galleria fino a circa 20 metri dai resti combusti è praticamente intatta e contrasta in modo netto con l’ammasso di rottami e il soffitto e le pareti gravemente danneggiati che caratterizzano il punto d’origine del rogo.

Le rigature sulla parete sinistra (entrando da Airolo) indicano chiaramente che l’autocarro proveniente da Sud aveva sbandato urtando i lati della galleria prima di andare a scontrasi contro quello proveniente da nord.

Il veicolo pesante che ha probabilmente causato l’incidente, pur essendo completamente bruciato, ha mantenuto ancora la sua forma originaria e si intravedono per terra ancora delle pellicole di celluloide che componevano il suo carico. Del secondo autocarro non resta invece che un ammasso accartocciato di lamiere che lo fanno sembrare molto più piccolo di quello che in effetti doveva essere.

Il soffitto in cemento armato della galleria sopra il groviglio di rottami che si intravede dietro i due mezzi appena descritti è deformato e in parecchi punti crollato appoggiandosi come una coperta sui veicoli combusti.

Dopo aver osservato esterrefatti questa scena apocalittica, siamo ritornati all’uscita per rientrare lungo il cunicolo di servizio: una galleria angusta adatta solo per veicoli leggeri che costeggia sul lato orientale la galleria a circa una decina di metri da essa. Ogni 250 metri troviamo uno slargo con un corridoio chiuso alle due estremità da porte scorrevoli che serve da collegamento di soccorso con la galleria principale. L’aria del cunicolo di sicurezza è sottoposta a una pressione maggiore di quella della galleria principale e si manifesta con una forte corrente non appena si apre la porta del corridoio che porta alla galleria principale.

Dopo aver parcheggiato alla belle meglio il veicolo che ci ha portati fino a quel punto, siamo entrati nella zona a nord del luogo dell’incidente.

Lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi è spettrale. I pochi fari che illuminano il lavoro degli operai che hanno iniziato a puntellare le parti pericolanti della galleria e quelli della polizia scientifica che sta eseguendo i primi rilievi, aiutano solo a evidenziare meglio la dimensione della catastrofe che si è prodotta in questo condotto di traffico. Tutto è nero e coperto da una spessa fuliggine che galleggia ancora nell’aria e mantiene ancora un forte odore di gomma bruciata. Verso sud osserviamo il soffitto sempre più deformato e sulla carreggiata destra una fila di veicoli (quasi tutti grossi autocarri) tutti bruciati e in parte sepolti sotto i blocchi di cemento crollati dal soffitto. Alcune tratte sono completamente crollate schiacciando gli abitacoli dei veicoli e qui si vede anche la volta completa della galleria.

Da questo punto per circa 200-250 metri non si è ancora potuto procedere alle ricerche di possibili vittime e l’incognita di questa agghiacciante eventualità pesa sui cuori di tutti i presenti, in particolare gli operai che non senza rischi stanno alacremente puntellando le parti pericolanti sotto la guida diretta e attenta del loro datore di lavoro, un esperto nei duri lavori in alta montagna e dentro le montagne.

Il fuoco è divampato su almeno 200 metri di lunghezza lasciando solo delle carcasse deformate alternate a resti di merci che componevano i vari carichi.

Poi seguono alcuni veicoli leggeri messi di traverso che indicano chiaramente il tentativo di girare e di ritornare verso l’uscita nord, due automobili già girate in direzione di fuga si sono urtate in questa manovra, un indicatore che la visibilità doveva essere venuta meno improvvisamente bloccandoli. Il primo autocarro dopo il rogo che non è stato preso dal fuoco ha la parte anteriore letteralmente colata come se fosse stata di cioccolato, poi seguono ancora dei veicoli quasi tutti posizionati diagonalmente alla direzione della carreggiata che confermano quanto già osservato precedentemente. Proprio da questo punto in avanti in direzione nord sono state trovate le 10 vittime. Una di queste era a pochi metri dall’entrata del corridoio di soccorso, portava degli zoccoli, era probabilmente un autista di uno dei veicoli pesanti. Altre vittime non sono riuscite a trovare l’uscita di sicurezza e sono state trovate solo qualche metro dopo queste soffocate dal denso fumo e dal calore.

Tutto indica la rapidità con cui si è propagato il fumo e il calore: si parla di una velocità di 10 metri al secondo (36 km all’ora) più in fretta dei migliori atleti di corsa su pista.

La testimonianza dell’autista lussemburghese che è sopraggiunto per primo da nord sul luogo dell’incidente conferma questo sviluppo esplosivo del fumo e del calore e descrive in modo molto chiaro il senso di smarrimento e di paura che hanno provato coloro che sono stati coinvolti direttamente, ma anche quello che hanno provato i primi pompieri che sono accorsi sul posto per tentare di mettere in salvo più persone possibile.

Dopo essere ritornati sui nostri passi, lasciando gli operai al loro duro e pericoloso lavoro unitamente alla polizia scientifica concentrata in silenzio nel loro non invidiabile lavoro di raccolta di indizi e documentazione fotografica, raggiungiamo il nostro veicolo nel cunicolo che dimostra chiaramente i propri limiti non appena circolano più mezzi di trasporto ed evidenzia i pericoli potenziali per gli addetti ai lavori che si nascondono in questa situazione di transizione qualora dovesse succedere anche solo un piccolo incendio a causa di un ulteriore guasto o di un incidente. Per i responsabili la tensione resta elevata e qualsiasi disattenzione non è permessa perché potrebbe tradursi in una tragedia non meno grande di quella appena avvenuta.

Non senza una certa sensazione di sollievo siamo di nuovo all’aperto. Salutiamo la nostra guida e la ringraziamo anche a nome di tutti i pompieri ticinesi esprimendo la loro solidarietà per il duro lavoro svolto con grande professionalità e responsabilità in questo evento che ha scosso buona parte dell’opinione pubblica di tutti paesi del mondo.

Presso il centro di manutenzione la pressione dei media in questo venerdì sera non tende a diminuire come pure si fa sempre più incalzante la richiesta di informazioni e di sopralluoghi da parte dei capi dei più importanti Corpi pompieri d’Europa all’indirizzo degli ufficiali che hanno operato e che operano sul fronte.

Li lasciamo al loro lavoro con un sentimento di profonda ammirazione a anche di orgoglio per il loro contributo nel tener alta l’immagine del pompiere e del soccorritore in generale.

Scendendo nell’autostrada semideserta cerchiamo di capire, ma è difficile dopo queste forti impressioni che resteranno impresse nella nostra mente per sempre.

Iten Daniele Ryser
Vicepresidente della FCTCP