Canapa e agricoltura: una ulteriore fumosa vicenda nella storia del Ticino?


Leggendo alcune affermazioni di alcuni eminenti autorità del settore canaparo nostrano pubblicate sul Caffé di domenica scorsa, si direbbe che la canapa rappresenti la soluzione miracolosa per rilanciare l’agricoltura delle aree periferiche e marginali delle nostre montagne vista l’alta qualità che si può ottenere grazie al particolare clima e terreno insubrico. Ciò che fa specie è che proprio le medesime persone che fanno tali affermazioni hanno recentemente contattato diversi Comuni per ottenere l’autorizzazione a coltivare su suolo e clima artificiale questa specie vegetale in capannoni industriali specificando che in quelle condizioni si può ottenere un prodotto di altissima qualità.

Questa contraddizione è già di per se una dimostrazione di poca trasparenza sulle vere finalità che tali promotori si prefiggono in questo settore.

Come agronomo ho avuto la possibilità di approfondire e seguire le difficoltà dell’agricoltura nei suoi vari settori di produzione e non posso nascondere parecchie perplessità sull’effettivo potenziale economico di questa coltura se dovesse essere destinata unicamente al settore farmaceutico o per gli utilizzi tradizionali che si sono protratti fino all’inizio del 900 nei nostri villaggi. Va infatti chiarito che, pur non escludendo una certa moda temporanea a favore di acquisti di medicine a base di canapa, i quantitativi richiesti dalle industrie rimarrebbero comunque ristretti e i prezzi pagati non si discosterebbero molto da molte altre erbe medicinali di cui alcune contengono sostanze ben più efficaci per le cure che non quelle allucinogene della canapa. Una dimostrazione di ciò la troviamo analizzando gli sforzi e le difficoltà che l’Associazione ticinese dei coltivatori di erbe medicinali appena costituita nel promuovere queste coltivazioni in tutte le aree periferiche del Cantone e un ulteriore dimostrazione la troviamo ad esempio nei contratti tra agricoltori della zona del Napf che producono con contratti e contingenti ben definiti la segale cornuta (LSD) per alcune case farmaceutiche di Basilea (anche in questo caso non si tratta di milioni di franchi e vi è un severo controllo).

Da queste semplici constatazioni si può chiaramente affermare che i guadagni milionari o addirittura miliardari sbandierati in questi ultimi tempi sono unicamente possibili perché vi è un uso improprio della canapa quale sostanza stupefacente che sfrutta ad arte la debolezza di vaste cerchie di popolazione che fanno fatica a collocarsi quale parte attiva e partecipativa a un sviluppo positivo della nostra società. I promotori di quest’erba ne sono ben coscienti per cui non esito parlare di malafede quando affermano il contrario.

L’estate si sta avvicinando ed è molto probabile che vedremo molti terreni coltivati a canapa da persone che fino a poco tempo fa non sapevano nemmeno come fosse fatto un filo di erba. Preoccupante è pure che molti agricoltori, che vedono ridursi costantemente i loro redditi nelle produzioni tradizionali pur lavorando alacremente giorno e notte, cederanno alle sempre più incalzanti offerte di non ben definite società fiduciarie (chissà che dietro non ci sia già qualche esponente insospettabile delle alte sfere nostrane?) che offrono affitti esorbitanti (fino a fr 100’000 all’ettaro quadrato all’anno) per terreni che finora davano un reddito netto di 2'000 o 3’000 franchi. Ma la canapa non toglie solo terreno all’agricoltura ma anche alle industrie che pure non sono in grado di pagare gli affitti offerti dai canapari per i pochi capannoni disponibili. Dopo l’amara esperienza di un settore bancario e finanziario cresciuto eccessivamente su affari poco chiari, non si è ancora capito che passato l’effetto inebriante del fumo della canapa, condito di casinò e di microcriminalità, ci ritroveremo nella cruda realtà di un Ticino tutto da rifare e sicuramente in peggior stato di quello che era 200 anni or sono?

11 marzo 2003- Daniele Ryser, Novaggio