Requiem del segreto bancario: un’opportunità per il Ticino


Qualche mese fa ho posto alcuni interrogativi su che cosa era e a chi serviva il segreto bancario. Ho ricevuto solo una stizzita e generica risposta che mi rimproverava che anch’io in maniera più o meno diretta usufruivo dei benefici di questo mostro sacro. È vero che il Ticino e tutti i ticinesi hanno avuto dei vantaggi da questa prassi bancaria, ma è altrettanto vero che tutti coloro che hanno un minimo di conoscenze su questi meccanismi qualche dubbio sulla legittimità o per lo meno sulla moralità di questi affari l’avrà avuto. Sul ruolo e l’orientamento delle attività bancarie in Ticino se ne parla già dagli anni ottanta. Qualche studio che propone un riorientamento di questi servizi nell’ottica di un mercato aperto all’Europa e più precisamente integrato in quello che è un concetto di area socioeconomica metropolitana del milanese è già stato presentato. Che qualche politico si ostini in maniera più meno grottesca a voler tenere in vita qualcosa che è ormai morto, dando la colpa alla Confederazione e a tutto il resto del mondo, a parte il danno per l’immagine della nostra Repubblica, non deve meravigliare più di quel tanto, ma che a questi si affianchi un coro di persone qualificate del settore mi sembra poco responsabile. L’articolo di domenica scorsa di Sergio Romano sul Corriere della Sera va visto come una critica costruttiva e rappresenta uno degli ennesimi appelli provenienti dall’area di Milano in cui si cerca di far capire al Ticino di aprirsi, di rendersi conto che anche il resto del mondo evolve e si rinnova continuamente. Più volte il primo Presidente della Regione Lombardia Piero Bassetti ha esortato i ticinesi ad aprirsi verso la Lombardia e a considerare quest’area come una grande opportunità sia sul piano economico ma anche come occasione di valorizzare la propria identità storico culturale italofona in una visione che integri il locale con il globale. Il Consiglio di Stato, i Comuni e gli attori economici ticinesi devono fare propri questi importanti segnali e attivarsi non difendendo posizioni obsolete, ma orientando gli sforzi su quella che è una vera e concreta collaborazione transfrontaliera, dove le possibilità di sviluppare progetti in cui tutte parti hanno da guadagnare, sono numerose sia nel piccolo, sia nel grande. La coesione e l’identità svizzera non dipendono più da una chiusura a riccio, che è stata possibile anche perché faceva comodo a chi era fuori, ma da una partecipazione più aperta e attiva al destino dell’Europa delle Regioni.

Daniele Ryser, Segretario della Regione Malcantone