Officine, politica regionale, iniziativa fiscale e la crisi delle teorie economiche


Quanto sta succedendo in questi giorni in Ticino non è altro che uno dei primi sintomi visibili di una profonda crisi del sistema socioeconomico locale e globale. La reazione di solidarietà della popolazione nei confronti degli scioperanti delle Officine di Bellinzona - e da questa popolazione escludo i politici – è un chiaro segnale che il loro intimo più recondito, ma anche più vero, non condivide per nulla le tendenze in atto verso una società in cui conta solo la competitività e il denaro mentre tutti gli altri valori vengono messi in secondo piano al punto tale da considerare un inutile rifiuto chi non è “produttivo” (un aggettivo che è tanto più di moda quanto più è fumoso il suo significato) e da distruggere lo stesso ecosistema che sta alla base della nostra esistenza. Può darsi che le trattative in corso permettano di trovare una soluzione soddisfacente tra le parti. Quello che è sicuro, è che sul lungo periodo qualsiasi risultato si verificherà solo una cura palliativa a meno che sul piano politico cantonale e nazionale non vi sia un radicale e rapido cambiamento di paradigma in quella che è la concezione dello sviluppo economico. Cosa sia questo cambiamento lo sanno bene gli economisti che osservano la realtà con mente aperta e con onestà intellettuale. Purtroppo solo pochi di loro hanno avuto finora il coraggio di mettere in guardia l’opinione pubblica sulla ormai sempre più inevitabile rotta di collisione verso quello che è il totale fallimento del sistema economico e finanziario a livello planetario. Lo scontro tra una più che legittima rivendicazione di persone e famiglie che non chiedono altro che poter lavorare e offrire le loro capacità ed esperienze in cambio di un giusto salario e tra una logica aziendale basata non tanto su parametri di produzione concreta ma piuttosto, se non unicamente, su obiettivi di tipo finanziario, è difficilmente conciliabile e non ci sarà da meravigliarsi se nei prossimi giorni la gran parte dei politici accetterà con il solito fatalismo le regole dettate da una lobby che sembra sempre meno collegata con questo pianeta. Opporsi a questo probabile scenario sarà difficile se non impossibile anche perché la legge darà man forte ai proprietari delle strutture e non sicuramente ai lavoratori. Resta comunque una speranza: quella di aver capito che qualcosa va cambiato. Concretamente a livello cantonale vi sono almeno due decisioni che potrebbero dare una svolta nell’immediato: - L’applicazione della nuova politica regionale, non nel senso della ormai fallimentare new economy come viene spesso venduta da certe cerchie del mondo economico e della stessa Confederazione, ma nel senso voluto anche da numerosi attori diretti sul territorio, Comuni in primis, quale elemento equilibrante e valorizzante delle risorse endogene locali e microregionali. Si tratta in poche parole di emancipare il locale con le sue particolarità e unicità quale vero attore sul piano globale con un ottica di profitto necessario e non di massimizzazione dello stesso. Ciò è possibile unicamente se il politico cantonale si siederà al tavolo con quello locale e assieme coinvolgeranno tutte le forze del territorio non in contrapposizione ma verso un consenso su dei progetti condivisi dove tutti hanno da dare quello che possono e ricevere qualcosa. Perdere il treno di questa opportunità significa promuovere la politica regionale delle cattedrali nel deserto ovvero, per il Ticino, il ricadere in una nuova forma di colonialismo. - Il netto rifiuto da parte del popolo dell’iniziativa sugli sgravi fiscali promossa dalla Lega dei Ticinesi quale chiaro segnale al Parlamento e al Governo di mantenere un servizio pubblico forte ed efficiente, di svolgere con determinazione il ruolo di animatore, mediatore, coordinatore e consulente al servizio di tutta la popolazione sia quella attiva, sia quella più fragile. L’esito che avranno queste due tematiche nei prossimi mesi confermerà se lo spirito delle Officine ha contribuito a dare quella volta storica che sembra oggi essere voluta e condivisa all’unisono da tutti i Ticinesi.

24 marzo 2008, Daniele Ryser, Segretario regionale del Malcantone