Agricoltura ticinese: guardare in faccia alla realtà!


I recenti interventi parlamentari in merito all’operato della Sezione Agricoltura del Cantone, sono il risultato di troppi anni di politica agricola cantonale caratterizzata da una certa staticità se non passività da parte degli attori principali. Per troppi anni si è lasciato decidere il funzionario per comodità, per cui non ci si deve meravigliare ora che ci si ritrovi in situazioni che vengono interpretate come un vero e proprio abuso di potere.

Con la riorganizzazione dell’agricoltura determinata dall’evoluzione nazionale e internazionale, gli agricoltori più che altri attori economici hanno dovuto affrontare un cambiamento di mentalità spesso accompagnato da un ridimensionamento verso il basso del proprio reddito che ha imposto loro la ricerca di soluzioni alternative. Questo sviluppo ha richiesto parecchi sacrifici ma ha pure stimolato lo spirito innovativo e critico degli attori del primario trovando impreparate sia le organizzazioni agricole che l’Amministrazione cantonale.

La reazione di chiusura alle critiche espresse da alcuni deputati da parte della direttiva dell’Unione Contadini Ticinesi e da parte del Consiglio di Stato che non sembrano prendere molto sul serio le critiche espresse e sostenute dalle organizzazioni di base, è perlomeno preoccupante e non contribuisce a risolvere i problemi di fondo.

A scanso di equivoci va precisato che non si tratta di inveire o di intervenire contro questo o quel funzionario o persona. Si tratta invece di ridefinire in modo critico il ruolo della Sezione Agricoltura e quello dell’UCT.

Per quel che concerne la Sezione Agricoltura, vanno rivisti i vari compiti inserendoli in un contesto più coordinato con gli altri settori del promovimento economico da un lato e della gestione del territorio dall’altro lato e dove i Consiglieri di Stato devono essere più presenti e attivi sul fronte. Attualmente la rete di contatto e di collaborazione con gli altri settori dello Stato non funziona come dovrebbe e dipende troppo dalla volontà o meno delle singole persone. Questa comunicazione disorganizzata si manifesta a livello degli agricoltori e dei Comuni come incomprensione dei bisogni reali e talvolta come prevaricazione. Risolvendo questi aspetti, che si riscontrano non solo in questo settore dell’Amministrazione cantonale, si avrà sicuramente anche un cambiamento di atteggiamento dei funzionari che, assieme al Consigliere di Stato, dovranno percepire i vari aspetti con una maggiore visione d’assieme secondo degli obiettivi più chiari che vanno oltre la mera interpretazione rigida delle leggi e dei regolamenti.

Per quel che concerne L’UCT è necessario un maggiore dinamismo e un minore condizionamento dalle grosse lobby agricole (LATI, Cantine sociali, ecc.) che seguono logiche proprie che non necessariamente corrispondono sempre agli interessi degli agricoltori. Anche in questo caso non si tratta di criticare questa o quella persona o di sminuire l’operato passato e attuale dell’UCT, ma di affrontare un discorso più aperto verso gli agricoltori per aiutarli nei rapidi cambiamenti in corso.

Ad esempio, uno dei problemi che va affrontato è quello della Consulenza agricola che deve poter operare in modo più indipendente dallo Stato pur usufruendo del suo sostegno finanziario.

Il settore primario mantiene una grande importanza nel nostro Cantone sia per la sua capacità di produrre in modo qualitativo, sia per il suo insostituibile ruolo di cura del territorio e del paesaggio.

L’apertura al mercato europeo e mondiale, pur rendendo difficile il mantenere un numero di aziende sufficientemente alto per garantire un ceto agricolo forte, apre sicuramente anche nuove possibilità che vanno individuate celermente alfine di sostenere più attori possibili nelle loro iniziative non solo sul piano economico ma anche su quello ambientale e culturale.

Per questo il dibattito iniziato in questi giorni va continuato e affrontato al di là di ogni polemica senza paura di guardare in faccia alle realtà interne ed esterne che ci condizionano. Evitare ogni discorso ignorando le preoccupazioni degli attori diretti della nostra agricoltura non serve a nessuno.

Dicembre 2000                                                                                                        Daniele Ryser