ll processo Realini si è concluso e
tutte le parti si sono dichiarate soddisfatte. Soddisfatta l’accusa perché
formalmente i termini tecnici usati per la sentenza corrispondono a quanto
richiesto, soddisfatti i difensori dell’imputato perché la condanna si
traduce per il proprio cliente a pochi giorni di pensione notturna in
ambiente sicuro, soddisfatte le casse malati perché hanno ricuperato il
doppio del maltolto accertato nell’ambito del processo e soddisfatti anche
tutti coloro che continuano ad approfittare indebitamente del nostro bel
sistema di assicurazione malattia grazie alle numerose nicchie lucrative di
un settore sanitario sempre meno pubblico e sempre più in balia del libero
mercato.
Davanti a
questo spettacolo cosa deve pensare il semplice cittadino (non quello che ha
i soldi ma quello che arriva tirato alla fine del mese) chiamato a pagare
premi sempre più pesanti? Quale sarà la fiducia verso istituzioni come
quella della giustizia se per essere colpevole di 1 devi rubare 4? Quale
sarà la fiducia nelle Casse malati che se voi ricuperare 2 su 4 devi ti
chiami fuori elegantemente da un processo che avrebbe dovuto fare chiarezza?
Quale sarà la fiducia verso gli attori sanitari di cui non si capisce più
bene se l’obiettivo primario sia quello di curare oppure di fare lucro o di
minimizzare i deficit a carico del Cantone o dei Comuni?.
Ebbene a questo
cittadino non restano che due possibilità: quella di cercare di fare il
furbo e sfruttare tutte le occasioni per ricuperare il massimo di una parte
dei premi pagati facendo capo alle sempre più numerose e astruse offerte del
mercato delle cure anche se non è propriamente malato o quella di essere
rigoroso con se stesso e verso chi lo cura con la probabilità di essere
tacciato di stupido e di non ricevere le cure appropriate.
Chi osserva da
vicino il nostro sistema sociosanitario, e tra questi dovrebbero esserci
anche i politici, dovrebbe accorgersi della deriva in cui sta andando.
L’illusione che una privatizzazione dell’offerta possa garantire
l’efficienza e la qualità a costi contenuti ha portato e porta unicamente a
“scremare” i casi più redditizi e interessanti lasciando quelli più
difficili e complicati, che si solito sono anche quelli più veri, al settore
pubblico che ovviamente poi viene tacciato di essere più costoso. I servizi
pubblici a loro volta vengono spinti dallo stesso Stato a comprimere le
spese e a massimizzare la fatturazione alle Casse Malati. Le Casse Malati,
disperse in diverse decine di istituzioni, tentano di controllare e, se lo
fanno, incontrano grosse difficoltà a controllare gli attori privati mentre
possono visionare in modo più capillare l’attività dei servizi pubblici per
cui capita spesso di avere contestazioni sulle prestazioni fatte a chi è
veramente bisognoso rispetto a chi ne approfitta alla grande.
L’esito
farsesco di un processo e il marasma che regna sempre più imperante
nell’offerta sociosanitaria che sfrutta un sistema di assicurazione malattia
che fa acqua da tutte le parti perché incontrollabile, il tutto supportato
da un’euforia alla privatizzazione di un settore che non dovrebbe essere un
mercato ma un servizio pubblico a favore della parte più fragile della
popolazione, sta portando al collasso la solidarietà aprendo le porte alla
sanità a due velocità dove i confini tra concorrenza, abuso e furto sono
molto sottili.
Daniele Ryser,
Novaggio
16.05.05 |