Scuola pubblica e coesione sociale: un valore che non dobbiamo perdere


Quando è stato pubblicato il libro bianco commissionato dal Dipartimento finanze e economia avevo cercato di evidenziare i pericolo di uno sviluppo troppo impostato sulla ricerca del massimo profitto che dimentica che l‘uomo vive in un contesto che va oltre quella della pura e semplice ottica finanziaria. Avevo pertanto cercato di spiegare che bisogna fare i conti non solo con la contabilità finanziaria ma anche con quella ambientale e con quella spirituale. Se la contabilità finanziaria si basa sull‘unità di misura denaro, quella ambientale si basa sulla gestione dei flussi materiali che compongono la nostra biosfera e quella spirituale si basa sul grado di coscienza che permette all‘uomo di situarsi nel contesto universale. Per ottenere un risultato ottimale le singole contabilità non devono mirare a una massimizzazione dei propri risultati ma devono piuttosto trovare un giusto equilibrio tra loro. Infatti se il massimo profitto porta alla concentrazione della ricchezza in mano a poche persone e alla criminalità finanziaria, un‘eccessiva difesa dell‘ambiente porta a espressioni integraliste che escludono l‘uomo come componente dell‘ecosistema stesso (tali reazioni sono spesso indotte dagli eccessi della contabilità finanziaria) e un accento unilaterale sulla spiritualità porta all‘integralismo religioso o al settarismo.

Per ognuno di noi non è difficile trovare esempi anche nella vita di ogni giorno del nostro Cantone che indicano quanto siamo già distanti da una situazione equilibrata. Tangentopoli presso alcuni nostri politici, opposizione sistematica a investimenti economici (dettata dalle cattive esperienze e da promesse non mantenute degli operatori economici) per paura di gravi conseguenze ecologiche, movimenti intransigenti e settari legati a religioni e a pseudo filosofie che spesso si coalizzano con gli estremismi economici o con quelli ecologici, caratterizzano ormai anche le nostre latitudini.

Per chi è un attento osservatore queste tendenze hanno già raggiunto livelli di guardia che minacciano la capacità di autoregolazione della nostra società. Basta seguire il dibattito politico cantonale per rendersi conto del degrado culturale che lo caratterizza, degrado incentivato dalla stampa domenicale che, con i suoi toni scandalistici privi di ogni profilo, contribuisce a disorientare ulteriormente la popolazione.

Promuovere la scuola privata in questo contesto significa favorire ulteriormente queste forze disgregatrici. Il pericolo di veder sorgere scuole orientate eccessivamente verso l‘efficientismo economico piuttosto che sul protezionismo ambientale o su un’ideologia o indottrinamento filosofico-religioso non è trascurabile, come non è da sottovalutare la tentazione di promuovere delle strategie di presa di potere e di controllo dello Stato che hanno poco a vedere con la tolleranza delle idee e il dibattito aperto. La scuola pubblica ha sicuramente meno condizionamenti sotto questo aspetto perché è sottoposta al controllo della popolazione e può sempre essere messa in discussione nell’ambito della discussione politica ai vari livelli. Di questo se ne era già accorto Stefano Franscini (il cui pensiero e le cui analisi dei meccanismi di malsviluppo da lui denunciato valgono ancora oggi) in un periodo storico dove le scuole private erano in piena espansione e quando lo Stato non aveva i mezzi che ha oggi per finanziare questa importante istituzione.

Con queste considerazioni, accettando l’iniziativa e il controprogetto proposti in votazione il prossimo febbraio si favoriscono le spinte disgregatrici di una globalizzazione unilaterale i cui effetti negativi sono sempre più evidenti, si apre un ulteriore varco allo smantellamento del Servizio pubblico indebolendo lo Stato in quelle che sono le sue funzioni essenziali di riequilibrio sociale e minando quello che è uno dei principi che sono stati la forza del modello democratico elvetico quello della coesione tra regioni diverse, tra ceti sociali diversi e culture diverse.

Spero che il cittadino ticinese si renda conto di questi importanti valori che vanno salvaguardati non solo a garanzia di un nostro sviluppo equilibrato ma anche quale importante contributo a nazioni e popoli che non hanno ancora avuto la fortuna di conoscere la tolleranza, le libertà e il benessere che noi possiamo permetterci.

 

Gennaio 2001                                                                                             Daniele Ryser