Scuola pubblica e coesione sociale: un valore che non dobbiamo perdere |
Per ognuno di noi non è difficile trovare esempi anche nella vita di ogni giorno del nostro Cantone che indicano quanto siamo già distanti da una situazione equilibrata. Tangentopoli presso alcuni nostri politici, opposizione sistematica a investimenti economici (dettata dalle cattive esperienze e da promesse non mantenute degli operatori economici) per paura di gravi conseguenze ecologiche, movimenti intransigenti e settari legati a religioni e a pseudo filosofie che spesso si coalizzano con gli estremismi economici o con quelli ecologici, caratterizzano ormai anche le nostre latitudini. Per chi è un attento osservatore queste tendenze hanno già raggiunto livelli di guardia che minacciano la capacità di autoregolazione della nostra società. Basta seguire il dibattito politico cantonale per rendersi conto del degrado culturale che lo caratterizza, degrado incentivato dalla stampa domenicale che, con i suoi toni scandalistici privi di ogni profilo, contribuisce a disorientare ulteriormente la popolazione. Promuovere la scuola privata in questo contesto significa favorire ulteriormente queste forze disgregatrici. Il pericolo di veder sorgere scuole orientate eccessivamente verso l‘efficientismo economico piuttosto che sul protezionismo ambientale o su un’ideologia o indottrinamento filosofico-religioso non è trascurabile, come non è da sottovalutare la tentazione di promuovere delle strategie di presa di potere e di controllo dello Stato che hanno poco a vedere con la tolleranza delle idee e il dibattito aperto. La scuola pubblica ha sicuramente meno condizionamenti sotto questo aspetto perché è sottoposta al controllo della popolazione e può sempre essere messa in discussione nell’ambito della discussione politica ai vari livelli. Di questo se ne era già accorto Stefano Franscini (il cui pensiero e le cui analisi dei meccanismi di malsviluppo da lui denunciato valgono ancora oggi) in un periodo storico dove le scuole private erano in piena espansione e quando lo Stato non aveva i mezzi che ha oggi per finanziare questa importante istituzione. Con queste considerazioni, accettando l’iniziativa e il controprogetto proposti in votazione il prossimo febbraio si favoriscono le spinte disgregatrici di una globalizzazione unilaterale i cui effetti negativi sono sempre più evidenti, si apre un ulteriore varco allo smantellamento del Servizio pubblico indebolendo lo Stato in quelle che sono le sue funzioni essenziali di riequilibrio sociale e minando quello che è uno dei principi che sono stati la forza del modello democratico elvetico quello della coesione tra regioni diverse, tra ceti sociali diversi e culture diverse. Spero che il cittadino ticinese si renda conto di questi importanti valori che vanno salvaguardati non solo a garanzia di un nostro sviluppo equilibrato ma anche quale importante contributo a nazioni e popoli che non hanno ancora avuto la fortuna di conoscere la tolleranza, le libertà e il benessere che noi possiamo permetterci.
Gennaio 2001 Daniele Ryser
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