La scena politica cantonale rispecchia lo smarrimento in cui si dibatte la
classe politica di ogni idea, movimento e partito nell’affrontare il paese
reale.
Dopo la crisi
isterica intorno ai preventivi 2005 da cui si sarebbe dovuto trarre la
lezione per un maggiore sforzo verso una discussione pragmatica e concreta,
orientata alla ricerca di un consenso costruttivo tra tutti gli attori
politici, ecco che invece si costringe il cittadino ad esprimersi su
soluzioni estreme e irragionevoli il cui movente non è quello di fare
l’interesse della comunità ma è unicamente basato su mire di potere
personali o di categoria.
La mancanza
totale di un disegno condiviso e chiaro su quale sviluppo vogliamo nel
Ticino, lascia spazio a iniziative e interventi totalmente scoordinati tra
loro che arrischiano di annullarsi uno con l’altro e, quello che più
preoccupa, prestano il fianco ad essere strumentalizzati da questo e quel
partito politico per scopi puramente elettoralistici.
A farne le
spese di questo disordine sono tutte le istituzioni pubbliche e di interesse
pubblico che servono a tutta la popolazione e che garantiscono quel minimo
di equità che sta alla base di una civiltà che si vuol definire evoluta.
Che si debba
porre un freno o un correttivo alla continua crescita della spesa pubblica
l’hanno capito in molti e gli sforzi operati e in corso a tutti i livelli
dei servizi pubblici hanno già dato buoni risultati che stranamente nessuno
vuol vedere. Questi sforzi vanno ovviamente continuati.
Che pagare più
imposte non sia gradito nessuno è pure comprensibile, ma affermare che
l’attuale imposizione delle persone giuridiche sia un freno
all’imprenditorialità del Ticino è una vera e propria fandonia oltre che una
dimostrazione di disonestà intellettuale nei confronti della maggioranza
della popolazione che sempre più fatica ad affrontare la vita quotidiana. Il
vero imprenditore non si ferma davanti a qualche punto in più di imposizione
fiscale anche perché, reinvestendo a favore dello sviluppo e
dell’innovazione della propria azienda, non crea margini di guadagno tali da
rendere decisivo l’effetto del fisco. A “soffrire” invece dell’imposizione
fiscale sono gli speculatori, quelli che fanno il denaro per il denaro e
quindi non producono nulla ma semplicemente lucrano sul lavoro degli altri
(anche dei veri imprenditori) spesso al di sopra di ogni regola etica e
sociale senza nemmeno più il pudore di “sacrificare” una piccola parte dei
loro larghi margini di guadagno a favore della comunità in generale e di
quella ticinese in particolare.
Il Ticino, ma
non è solo, sta spaccandosi sempre più sia sul piano geografico, sia sul
piano sociale. Questa preoccupante disgregazione accentua già di per sé le
tensioni e non favorisce quel dialogo sereno che dovrebbe permettere di
individuare le modeste ma molteplici potenzialità che il nostro territorio
ci offre.
Il ritiro
dell’iniziativa e del referendum che tanto inutilmente fanno sprecare tempo
e energie e il mettersi tutti al tavolo della discussione con la piena
volontà di trovare un giusto consenso sarebbe l’unica, vera dimostrazione di
democrazia, di coraggio politico e di onesta nei confronti del cittadino a
favore di un Ticino migliore. A voi politici di buona volontà la decisione!
Daniele Ryser
27.02.05 |