Ai tempi della presentazione
del progetto per un Ticino ultraliberista mi sono permesso di proporre
un’alternativa di sviluppo basata sulla ricerca di un equilibrio tra tre
forme di contabilità:
- quella dei
flussi monetari in cui bisognava evitare l’estremismo della
massimizzazione degli utili,
- quella dei
flussi fisici in cui si doveva operare con il dovuto rispetto delle
risorse naturali e dell’ambiente senza per questo cadere in ottiche
ecologiste unilaterali
- quella dei
flussi psichici o spirituali finalizzati alla solidarietà e alla
tolleranza senza scivolare in settari integralismi.
Avevo pure
evidenziato che le unità di misura di queste tre contabilità non potevano
essere interscambiabili e quindi traducibili a una sola. Importante è invece
riuscire a trovare il giusto equilibrio all’interno di questi tipi di flussi
e tra di loro.
Ora se
analizziamo la situazione nella nostra società, possiamo facilmente notare
che in pratica al disequilibrio di una contabilità si accompagna quasi
sempre un altrettanto disequilibrio delle altre.
Si hanno così
forme di alleanze perverse tra integralismi diversi dove il fine giustifica
ogni mezzo.
Attualmente il
nostro sistema socioeconomico è focalizzato essenzialmente sui flussi
monetari la cui impostazione sembra reggersi su regole e leggi intoccabili e
indiscutibili i cui effetti devastanti sono ormai riconosciuti dai più. Una
delle cause prime di questa crisi è l’uso improprio della moneta che, da un
ruolo di intermediario per facilitare gli scambi, è passata all’assurdo
ruolo primario di moneta che produce moneta tramite quello che è il gioco
degli interessi. Il risultato di questa dinamica è che i flussi di denaro
generati tendono a concentrarsi in mano a pochi e, ciò che è più grave,
anche ad allontanarsi sempre più dai settori produttivi e creativi. Di fatto
gli operatori della finanza dopo aver dilapidato i settori produttivi e
innovativi stanno ora dilapidando il settore pubblico per cui l’attuale
situazione critica delle casse statali non va solo ricercata nel sistema di
gestione dell’ente pubblico ma è il risultato di flussi finanziari
totalmente distorti i cui tentacoli impediscono o rendono difficile ogni
cambiamento perché si sono profondamente ancorati anche nel sistema di
finanziamento della socialità e nella gestione “privatizzata” dei servizi
pubblici .
Infatti la
concentrazione di denaro in mano a pochi non è avvenuta e non avviene solo
presso delle persone o gruppi prettamente privati ma anche, ad esempio, in
istituzioni come le Casse Pensioni o grosse imprese privatizzate con compito
di servizio pubblico. Ciò significa che per poter garantire la propria
funzione sociale questi enti contribuiscono a loro volta a mantenere e ad
accentuare un sistema che non favorisce questa socialità ma la distrugge
gradualmente (ad esempio con la ricerca di alti tassi di interesse che
derivano da operazioni speculative sulle spalle degli stati più poveri della
terra). Questi meccanismi sono ben conosciuti dagli economisti e qualche
voce coraggiosa autorevole comincia a levarsi qua e là nel mondo.
Il dibattito
sulle finanze del Cantone e della Confederazione che caratterizzerà il
prossimo autunno non porterà facilmente a delle soluzioni durevoli poiché è
ostaggio di questo sistema monetario squilibrato. Non servirà a nulla
chiedere sacrifici al cittadino senza esigere che da parte degli operatori
della finanza e dell’economia si faccia uno sforzo per ridare alla moneta il
suo ruolo di scambio rinunciando, quindi, a ogni tipo di speculazione
puramente finalizzata al lucro.
Daniele Ryser,
Novaggio
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