L’illusione
che la socialità possa funzionare secondo gli schemi che stanno alla base di
una gestione aziendale regolata dai meccanismi della concorrenza è in aperta
contraddizione con l’obiettivo di fondo della solidarietà. Pur ammettendo
che vi sono degli sprechi e delle disfunzioni nell’attuale stato sociale che
vanno risolti ed eliminati, non per questo si giustifica la
deregolamentazione di tipo statunitense che attualmente viene proposta da
alcuni nostri governanti e rappresentanti politici.
Ad esempio
quanto costa al cittadino, anche se sgravato da qualche centinaio di franchi
di imposte, dover pagare un aiuto familiare o un infermiere privati perché
il servizio di aiuto domiciliare pubblico gli rifiuta le prestazioni dovendo
ridurre il proprio personale nell’ambito delle misure di risparmio?. In
questo caso non solo si creano disparità di trattamento (chi ha i soldi ha
anche le cure di qualità), ma si promuove anche il lavoro nero o con
personale poco qualificato, un fenomeno già ricorrente in parecchi paesi
europei.
Una
drastica riduzione dei servizi pubblici e la conseguente proliferazione di
offerte private in concorrenza (o in apparente concorrenza) tra loro e con
lo stesso servizio privato, porta purtroppo anche agli abusi poiché un vero
e proprio controllo da parte dell’ente pubblico diventa molto difficile.
Spesso di fatto dietro alla facciata di un’apparente concorrenza si celano
dei veri e propri monopoli o oligopoli che a differenza dei monopoli
pubblici sfuggono a ogni controllo democratico. Se già in settori come
quello dell’approvvigionamento di base (elettricità, acqua, trasporti, ecc)
gli effetti negativi di questa dinamica sono chiaramente visibili,
nell’ambito dell’istruzione e della socialità e sanità il risultato può
assumere dimensioni devastanti. L’esempio delle casse malati è forse uno dei
più preoccupanti poiché la situazione di oligopolio ha assunto un potere
tale da avere in ostaggio, oltre che tutta la classe politica
indipendentemente dal suo colore, anche gli erogatori di prestazioni e
perfino la stessa utenza. Parlare di vera e propria omertà e di estorsione
legalizzata o meno alle spalle dei cittadini e dello Stato in questo settore
è dire ancora poco….
Rispetto
alle problematiche di cui si è accennato sopra, i temi in oggetto del
referendum del 16 maggio, sembrano marginali e sotto questo aspetto
apparentemente sembrano essere facilmente confutabili. Ma il significato di
questo appuntamento va ben oltre e dovrebbe stimolare una riflessione molto
più profonda su quale società vogliamo costruire in questa prima parte del
secolo ventunesimo.
Chi dice
che viviamo al di sopra delle nostre possibilità e delle possibilità che ci
offre madre natura ha sicuramente ragione, chi afferma che la ricchezza è
sempre più concentrata in poche mani e che queste disponibilità finanziarie
vengono impiegate in modo improprio ha pure ragione.
Si tratta
di semplici e evidenti constatazioni che stanno sotto gli occhi di tutti per
cui dovrebbero essere questi i punti di riferimento su cui tutti noi
dovremmo chinarci per trovare delle soluzioni concrete ben al di sopra dei
soliti tatticismi partitici, ben al di sopra di cifre di bilancio che
possono essere facilmente manipolabili a seconda delle tesi che vengono
sostenute, ben al di sopra delle visioni settoriali o localistiche.
È chiaro
che una tale prospettiva richiede uno sforzo e un impegno di tutte le parti
contrapposte nel trovare quello che può essere definito un consenso che sia
convincente per tutti. In pratica ciò significa saper mettere in questione
le proprie convinzioni, ascoltare veramente gli altri, superare
atteggiamenti di intransigenza e di paura (di perdere il potere o il
benessere materiale), ma anche non arroccarsi su rivendicazioni
irrealizzabili al punto tale da illudere il concittadino che i vari problemi
possono essere risolti senza la sua partecipazione responsabile, attiva e
diretta nella vita di ogni giorno.
I NO del 16
maggio non hanno l’obiettivo di misurare la forza tra due non ben definiti
fronti di destra e sinistra ma dovranno essere interpretati come
un’esortazione alla classe politica a superare i propri pregiudizi per
ricostruire una società solidale in cui l’individuo possa sviluppare le
proprie potenzialità senza alcuna prevaricazione.
Daniele Ryser |