Assicurazioni malattia: la salute non è un mercato


La grande preoccupazione per il sistema di assicurazione malattia è quella del contenimento dei costi. Le soluzioni che vengono discusse tengono veramente conto delle contraddizioni attuali?

Se da un lato si può condividere appieno il principio di una maggiore responsabilizzazione del singolo cittadino nel senso di autolimitarsi nel fare capo all’offerta medico-sociale, dall’altro lato una riduzione eccessiva delle prestazioni di base favorisce un trattamento disuguale, visto che chi può permettersi di pagare tutta una serie di assicurazioni complementari potrà poi usufruire di maggiori e migliori prestazioni. A questo va aggiunto l’effetto perverso di incentivazione delle assicurazioni complementari perché rappresentano la parte lucrativa per le assicurazioni malattia, ciò che significa un’ulteriore gonfiatura di un’offerta sanitaria più orientata allo scopo di guadagno che alle reali necessità.

Si può essere d’accordo che la trasparenza dei costi con le relative misure di contenimento per le strutture e servizi sanitari pubblici o privati che siano potrebbe essere meglio favorita da un sistema di finanziamento unitario ma a condizione che gli assicuratori malattia siano delle entità neutre. Purtroppo la realtà è diversa, visto che si trovano a operare contemporaneamente su due fronti in contraddizione. Infatti, quali assicuratori della parte obbligatoria, devono assumere una funzione di interesse pubblico, e quindi spingere il consumatore e le strutture e servizi sanitari a fare un discorso di contenimento e razionalizzazione e, quali offerenti di prestazioni complementari, spingere il consumatore a contrarre più polizze possibili per prestazioni che per definizione non sono sempre necessarie e giustificate ciò che induce inevitabilmente a spese nell’offerta pure poco opportune. Se poi si aggiunge l’abolizione dell’obbligo di contrarre, ossia che gli assicuratori malattia possono scegliere quali strutture o servizi sanitari riconoscere o meno, il passo per acquisire una situazione di monopolio è quasi fatto. La contraddizione appena descritta, unita a questo monopolio, porta effettivamente a una situazione schizofrenica che viene ulteriormente accentuata dalla possibilità che è data alle assicurazioni private di essere loro stesse proprietarie direttamente o indirettamente di strutture e servizi sanitari. Chi può credere che un assicuratore malattia sia talmente rigoroso da rifiutare di riconoscere le proprie prestazioni a un proprio servizio sanitario?

Come menzionato all’inizio di questo scritto la responsabilità del singolo cittadino è il punto chiave per la soluzione del gravoso problema dei costi pur garantendo una buona qualità a tutti. Ma questo senso di responsabilità non trova le necessarie premesse negli attori principali ossia le casse malati o le strutture e servizi sanitari dove regna una vera e propria confusione di ruoli, responsabilità e interessi, una situazione che si riflette perfino sugli stessi parlamentari. È veramente corretto e moralmente accettabile che degli eletti, chiamati a difendere l’interesse di tutti, siedano nel contempo in consigli di amministrazione di società assicuratrici malattia e di società erogatrici di cure?.

Credere nella formula magica dell’autocontrollo automatico di tutti i meccanismi nell’attuale situazione di totale mancanza o rispetto di benché minime regole di comportamento fondamentali significa illudere il cittadino e favorire i disonesti. Perché finalmente al di sopra di ogni ideologia non si vuol capire che la salute non è un mercato e la solidarietà non è concorrenza?

                                                                                                                        Daniele Ryser