La fine della Repubblica e Cantone Ticino?


La grave decisione di quattro Consiglieri di Stato di “punire” la quinta collega per la sua ferma posizione politica contro scelte finanziarie che avranno conseguenze dolorose per una parte importante della popolazione ticinese, rappresenta una preoccupante dimostrazione di intolleranza e di mancanza di buon senso da parte di persone che proprio in questi momenti dovrebbero operare con tutta la saggezza e la ponderatezza possibili, anche per non contribuire ad aumentare il senso di insicurezza dato da quanto succede nel resto del mondo.

Una delle cause più importanti di una tale situazione è sicuramente la politica degli sgravi fiscali operata da metà degli anni novanta ad oggi che si è basata su teorie economiche che si rivelano sempre più sbagliate anche a livelli territoriali di valenza mondiale e che comunque favoriscono più chi gioca sul mercato senza alcun minimo principio etico e di rispetto ambientale e sfavorisce coloro che creano progresso sviluppando tecnologie produttive più conformi ai limiti di quello che ci può dare la natura del nostro pianeta terra. C’è pertanto da sperare che tutti i nostri politici abbiano il coraggio di ammettere che questi sgravi fiscali, oltre ad aver contribuito a privare di ogni riserva le casse pubbliche, non sono nemmeno riusciti a rilanciare le attività economiche al punto tale da compensare l’incapacità dello Stato ad impostare una politica anticiclica e di solidarietà sociale che costituzionalmente gli si chiede.

Ma oltre questi aspetti diretti di politica finanziaria, questo episodio evidenza una crisi dell’Istituto Cantone e quindi del sistema democratico svizzero che potrebbe preannunciare la sua stessa fine storica. Innanzitutto va premesso che una democrazia che si vuole evoluta, deve sempre essere in grado di trovare il consenso tramite il dialogo costruttivo tra le parti e già il palliativo del maggioritario rappresenta un’involuzione che nasconde questa incapacità di convivenza civile.

In secondo luogo il sistema di governo basato sui Dipartimenti porta a una lottizzazione di piccoli poteri e alla perpetuazione di sistemi di clientelismo che deresponsabilizzano il Consiglio di Stato in quello che è il suo compito di organo strategico e di supervisione globale della cosa pubblica.

La realtà del cittadino e delle attività socioeconomiche del Paese non è mai stata dipartimentale. Con l’evoluzione sempre più celere della nostra società, favorita da sistemi informativi e da una mobilità sempre più performanti, l’attuale organizzazione sta diventando un punto debole che porterà a favorire sempre più dei collegamenti diretti tra istanze federali e istanze locali rendendo i Cantoni sempre meno indispensabili. A dimostrazione di questo basta guardare l’evoluzione delle Province in Italia e dei Dipartimenti in Francia.

Perché non prendere come spunto questo momento difficile per passare dall’ormai atavico sistema di Dipartimenti a un sistema di vera gestione globale collegiale e strategica da parte del Consiglio di Stato?

                                                                                                                        Daniele Ryser